e persone che mi interpellano per una consulenza nutrizionale spesso, durante il loro percorso alla ricerca di una corretta alimentazione o in fase di dimagrimento, mi mandano foto di etichette relative a prodotti alimentari trovati al supermercato chiedendomi di valutarle e fargli sapere se quel prodotto può essere indicato nella loro dieta.
A me fa molto piacere aiutarle e lo considero un valore aggiunto alla mia attività. Tuttavia ho deciso di scrivere una piccola guida alla lettura delle etichette nutrizionali per tutti coloro che vogliono imparare a conoscere e riconoscere ciò che mangiano anche se non stanno seguendo un percorso dietetico.
Ma . . . che cos’è l’etichetta?
In parole semplici è “qualsiasi parte della confezione che fornisca una qualunque informazione, sia sotto forma di testo sia di immagine”
Nel 2014 è stata introdotta a livello europeo una nuova legge(Regolamento UE 1169/2011) che aggiorna e semplifica le norme pre-esistenti sull’etichettatura degli alimenti per rendere la presentazione dei prodotti più chiara e trasparente, cosi da salvaguardare la salute dei consumatori.
In particolare si è voluto agire sulle modalità di pubblicizzazione di un alimento, sull’indicazione dei principi nutritivi e del relativo apporto calorico e sulle informazioni riguardanti la presenta di ingredienti potenzialmente allergenici. Ma andiamo con ordine.
Come prima cosa occorre precisare che esistono indicazioni che devono essere necessariamente indicate in etichetta e altre che sono facoltative.
Tra le prime vi sono la “denominazione dell’alimento”, l’”elenco degli ingredienti”, la “durabilità del prodotto” e le “condizioni di uso e conservazione”, il “paese di origine e luogo di provenienza” e la “tabella nutrizionale”.
1) Denominazione dell’alimento
Il nome dell’alimento deve fornire la descrizione di ciò che il consumatore troverà all’interno della confezione.
Se non è possibile utilizzare un nome consacrato dall’uso e dalla consuetudine (ad es.: passata di pomodoro), sarà necessario ricorrere a una descrizione più dettagliata che permetta di individuare la natura dell’alimento (ad es.: preparato per budino a base di…).
Per i prodotti congelati prima della vendita e venduti decongelati è necessario riportare, vicino alla denominazione del prodotto, la dicitura “decongelato”.
2) L’elenco degli ingredienti
Per avere un’idea qualitativa e quantitativa degli ingredienti contenuti nei prodotti bisogna ricordare che l’ordine degli ingredienti è decrescente per peso (da quello contenuto in maggior misura a quello meno presente).
Ad esempio se in un prodotto leggiamo come primo ingrediente “zucchero” significa che è contenuto in misura maggiore rispetto a tutti gli altri componenti. E questo dovrebbe aiutarci a capire se un prodotto sia più salutare o meno rispetto ad altri.
Se tra gli ingredienti figurano panna, burro, strutto, grassi vegetali o grassi idrogenati occorre fare attenzione: l’apporto elevato di acidi grassi saturi può provocare un aumento dei livelli di colesterolo cattivo nel sangue con conseguente riduzione dell’elasticità dei vasi sanguigni. Alcuni grassi vegetali, come l’olio di palma o di cocco, contengono più grassi saturi rispetto ad altri.
A questo proposito non è più permessa la dicitura generica “oli vegetali” o “grassi vegetali” in generale che spesso nascondono l’utilizzo di oli tropicali a basso costo (di palma, di cocco, di cotone), ma è necessario specificare la natura dell’olio utilizzato e se gli oli, o i grassi, siano stati parzialmente o totalmente idrogenati.
La quantità di grassi saturi nella giornata non dovrebbe superare il 10% del totale delle calorie assunte nella giornata. Per un adulto sono accettabili al massimo 20 grammi di grassi saturi al giorno su un totale di 50-60 grammi di grassi della dieta.
Quando un alimento contiene degli elementi specifici che lo caratterizzano, ad esempio un biscotto integrale o una merendina farcita con cacao magro, nell’elenco degli ingredienti dev’essere specificato non solo qual è l’elemento caratterizzante, ma anche la percentuale contenuta nel prodotto.
Se l’elenco degli ingredienti non è presente sulla confezione (ne sono un esempio i prodotti sfusi), può essere indicato con altre modalità, come ad esempio negli stand di vendita, o comunque deve sempre essere disponibile su richiesta del consumatore.
3) Gli allergeni
Le sostanze allergizzanti o che possono provocare intolleranze (come derivati del grano e cereali contenenti glutine, sedano, crostacei, anidride solforosa, arachidi o altra frutta a guscio, latticini contenenti lattosio) devono essere indicate con chiarezza nella lista degli ingredienti utilizzando accorgimenti grafici (carattere di dimensione più grande, grassetto, colore diverso o sottolineatura).
Anche per i prodotti sfusi, cosi come per ristoranti e attività di somministrazione di alimenti e bevande (mense, bar, ecc) è obbligatorio comunicare gli allergeni presenti tramite adeguati supporti (menù, cartello, lavagna, registro) ben visibili alla clientela.
Nella tabella qui sotto è riportato un elenco degli alimenti a maggior potere allergizzante che possono provocare reazioni alle persone intolleranti o particolarmente sensibili alle sostanze in essi contenuti:
Fonte: Opuscolo: Etichettatura degli alimenti – Ministero della salute
4) La data di scadenza
La data di scadenza deve essere riportata su ogni singola monoporzione e non più solo sulla confezione esterna del prodotto. La carne, le preparazioni a base di carne, i prodotti ittici e surgelati o congelati non lavorati devono indicare il giorno, il mese e l’anno della preparazione oppure della surgelazione o congelamento.
La data di scadenza è identificabile dalla dicitura “consumare entro” che indica che quel prodotto deve essere necessariamente consumato prima della data riportata perché altrimenti andrebbe incontro a un deperimento, il quale potrebbe comportare rischi per la salute del consumatore. Non deve essere confusa con il “TMC – termine minimo di conservazione” identificato dalla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” e che indica che quel prodotto se consumato oltre la data indicata potrebbe aver perso le sue caratteristiche nutrizionali e/o organolettiche (sapore, odore), ma questo non comporta rischi per il consumatore.
5) Indicazione di origine
E’ diventato obbligatorio indicare in etichetta il luogo di allevamento e macellazione per carni diverse da quella bovina (che già prevedeva da anni, dopo il caso “mucca pazza”, l’obbligo di indicare luogo di nascita, allevamento e macellazione), in particolare per carni suine, ovine, caprine e dei volatili.
Per il pesce è necessario indicare, non solo il nome scientifico e commerciale, ma anche l’indicazione dettagliata del luogo di pesca e del metodo di produzione, vale a dire pescato in mare, in acque dolci o allevato.
L’indicazione di origine è obbligatoria anche per altri prodotti, diversi dalla carne, che sono fabbricati all’estero e venduti in Italia. Questo per evitare che molti alimenti siano presentati come “Made in Italy” senza esserlo e possano trarre in inganno il consumatore.
La prima parte dell’articolo termina qui, nella seconda descriverò quella che è, forse, una delle più importanti componenti dell’etichetta ovvero la tabella nutrizionale
E poi parlerò di tutti gli altri elementi obbligatori che compongono la confezione di un alimenti e le diciture che il produttore può o meno inserire per invogliare il consumatore all’acquisto.
Continua . . .






